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TORNELLI E DIVIETI IN SPIAGGIA: 3 DOMANDE E 3 RISPOSTE.

  • Immagine del redattore: Avv. Marco Dantone
    Avv. Marco Dantone
  • 11 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 16 ago

(Immagine puramente a scopo descrittivo generata con IA, Google Gemini)
(Immagine puramente a scopo descrittivo generata con IA, Google Gemini)

Come ogni estate, televisioni e social tornano ad affrontare l'argomento dei vari divieti imposti sulle nostre spiagge e di quello che un gestore di un lido balneare può e non può fare.
Cerchiamo di fare un po' di chiarezza su alcuni aspetti principali.

1) Si può impedire l'accesso al mare o chiedere un prezzo a chiunque voglia raggiungere o transitare sulla battigia?
Ai sensi dell’art. 822 c.c. tutte le spiagge sono demanio pubblico ed appartengono allo Stato. Ciò significa che non sono alienabili e rimangono sempre soggette alla sovranità dello Stato.
Queste spiagge, però, possono essere affidate in concessione ed il gestore dello stabilimento balneare può chiedere un prezzo per i servizi che offre (lettini, ombrelloni, ecc.).
Tuttavia, non può impedire l'accesso al mare in nessun modo, né con tornelli o transenne, né imponendo un prezzo per il passaggio.
Infatti, “il demanio marittimo è inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva [e] costituisce clausola necessaria del provvedimento concessorio l’obbligo [per i gestori degli stabilimenti] di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione” (ord. n. 2543/2015 Cons. di Stato).
Ovviamente, la questione sarebbe più complicata nel caso in cui per accedere alla spiaggia fosse necessario passare da una proprietà privata e, in ogni caso, è sempre possibile che ordinanze locali vietino l'accesso per ragioni di sicurezza o ambientali, ma si tratta di ipotesi residuali.

2) Si può vietare ai bagnanti di introdurre e consumare cibo in spiaggia?
Purtroppo, non c'è  una norma statale che regolamenti puntualmente questo aspetto e, pertanto, sarà indispensabile rispondere basandosi su un'interpretazione sistematica delle norme che disciplinano la concessione dei diritti su questi beni demaniali che sono le spiagge.
Infatti, sarebbe semplicistico ed errato dedurre dalla semplice assenza di una norma nazionale che vieti ai bagnanti di introdurre alimenti in spiaggia il fatto che tale comportamento sia sempre lecito.
A parere di chi scrive, esattamente come le concessioni amministrative permettono ai gestori delle spiagge di chiedere un prezzo al pubblico per l'utilizzo di alcuni servizi, possono, altresì, permettere agli stessi di stabilire regole e divieti funzionali per la corretta e pacifica la fruizione dei predetti servizi.
Tuttavia, in primo luogo, tali diritti non sono assimilabili alla proprietà del bene demaniale e, in secondo luogo, il loro esercizio deve essere conforme al fine della concessione amministrativa, che è quello di concedere a tutti il libero godimento del bene, pur restando questo sotto la sovranità dello Stato.
Tutto ciò considerato, non può che considerarsi non lecito il divieto di introdurre alimenti in spiaggia anche per consumarli all'interno del dei lidi, perché non corrisponderebbe ad alcuno degli interessi pubblici alla base della concessione amministrativa, anzi, sarebbe in palese contrasto con questi.
Resta, però, in ogni caso, la facoltà degli enti locali di regolare il consumo in spiaggia degli alimenti nel rispetto del decoro, dell'ordine pubblico e della tutela ambientale.

3) Si può vietare l'accesso dei cani in spiaggia?
Per rispondere a quest'ultima domanda, è necessario fare una distinzione.
Per quanto riguarda le spiagge libere, gli enti locali possono vietare l'accesso in spiaggia degli animali da affezione per ragioni di igiene pubblica. Tuttavia, tale divieto non può essere generalizzato ed assoluto e, nel caso in cui non ci siano ragioni specifiche che lo giustifichino, sarebbe illegittimo.
Per quanto riguarda, invece, i gestori dei lidi, questi possono liberamente vietare l'accesso agli animali da affezione. Infatti, diversamente dal punto precedente, tale decisione è strettamente collegata con la gestione dei servizi che intendono offrire e la possono regolamentare come meglio credono tale aspetto, inserendo dei limiti (per esempio di taglia) o dei divieti assoluti di ingresso agli animali da affezione.

Vuoi saperne di più? Non esitare a contattarci!

(Fonti ed approfondimenti: artt. 822-823 c.c.; art. 28 cod. nav.; art. 1 comma 251 L. n. 296/2006; ord. n. 2543/2015 Cons. di Stato; 44/275 F. it. 44, I, 140; Tar Lazio-Latina n. 176/2019; Tar  Toscana n. 1276/2016; Tar Campania-Salerno n. 1752/2015).

 
 
 

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