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PRESUPPOSIZIONE: la “condizione” che c'è, anche se non si vede.

  • Immagine del redattore: Avv. Marco Dantone
    Avv. Marco Dantone
  • 24 giu
  • Tempo di lettura: 3 min
Spesso capita di sottoscrivere un contratto dando per scontate determinate circostanze, anche se, in concreto, non sono state esplicitate.
In molti casi si tratta di elementi “di contorno”, ma talvolta questi elementi sono tutt'altro che trascurabili. Anzi, può trattarsi di circostanze essenziali, senza le quali il contratto stesso che si sta concludendo non avrebbe significato.

In tali ipotesi la dottrina ha da tempo elaborato il concetto di presupposizione.
La presupposizione può definirsi come una circostanza implicita di un contratto, che può o preesistere al contratto ed essere data per scontata tra le parti (in questo caso, alcuni autori preferiscono parlare di “supposizione”) o fare riferimento ad un evento o ad un fatto futuro ed incerto considerato come probabile dai contraenti.
In ogni caso, la funzione della presupposizione è la stessa: subordinare l'efficacia del contratto alla sua esistenza o al suo verificarsi.

Classico esempio di scuola (a dire il vero, un po' datato) è quello del balcone affittato per una giornata di festa in occasione di una parata. Un contratto del genere viene concluso dando come fatto implicito – e noto ad entrambe le parti - lo svolgersi della parata. Tuttavia, se la parata fosse rinviata o cancellata, non avrebbe più senso affittare un balcone e sarebbe del tutto logico che venisse meno l'efficacia del contratto stesso.

E' bene, comunque, chiarire che, sebbene la dottrina prevalente abbia riconosciuto l'esistenza della presupposizione, persiste una corrente che nega quest'istituto.
Inoltre, la stessa giurisprudenza ha recepito a macchie di leopardo la dottrina, riconducendo la presupposizione a diversi istituti.
Alcuni autori, per esempio, hanno ricondotto la presupposizione allo stesso principio previsto dall'art. 1467 c.c. in materia di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (si veda Cass. Civ. 12235/2007). O meglio lo avrebbero ricondotto al principio latino del “rebus sic stantibus. Tale principio, detto in parole povere, tende ad ancorare il contratto ad una situazione di partenza in cui le parti sono in una posizione di equilibrio: tale equilibrio deve permanere per tutta la durata del contratto e, nel caso si verifichino fatti od eventi tali da sbilanciare il rapporto negoziale, in assenza di correttivi di altro genere, non si potranno che avere conseguenze negative sull'efficacia del contratto stesso.
Altri autori, invece, sposano la tesi che la presupposizione altro non sia che una condizione risolutiva tacita. La Giurisprudenza, d'altronde, avrebbe di recente riconosciuto l'esistenza di condizioni tacite (si veda Cass. Civ. 3742/2013) e, da questo punto di vista, è evidente l'analogia tra la presupposizione ed una condizione che viene data per implicita dalle parti a pena di inefficacia del contratto.
Un'altra tesi che sta prendendo sempre più piede è quella che ricollega il venir meno alla della condizione presupposta alla mancanza di causa (si veda Cass. Civ. n. 6636/2006). La causa di un contratto può essere definita come lo schema della funzione economico giuridica che le parti vogliono realizzare. Il suo venir meno inficia fortemente la validità del contratto, tanto da renderlo addirittura nullo (si veda l'art. 1418 comma 2 c.c.).
A parere di chi scrive, tale tesi dovrebbe essere ritenuta preferibile perché avrebbe il vantaggio di ricondurre nell'ambito dell'istituto della presupposizione non tutte le circostanze che si sono date per implicite nella conclusione del contratto, ma solo quelle tanto importanti da influire sul rapporto contrattuale andando ad intaccare uno dei suoi elementi essenziali, ovvero la causa.
Altra tesi che merita di essere presa in considerazione è quella che riconduce la presupposizione al principio di buona fede contrattuale. Pertanto, secondo il predetto principio, non sarebbe conforme a buona fede ritenere efficace un contratto che le parti hanno concordemente concluso considerando per data una circostanza in realtà non esistente o comunque non più verificata.
Per quanto tale interpretazione faccia riferimento ad un principio particolarmente generico, è comunque meritevole di menzione dal momento che la buona fede permea talmente tanto il sistema contrattuale da poter essere considera la prima condizione presupposta (appunto) di ogni negozio giuridico.

Concludendo, con questo breve excursus sulla presupposizione, l'intenzione dello scrivente non era certamente introdurre una serie di complesse elucubrazioni giuridiche fine a se stesse, ma sottolineare come in una materia come quella contrattuale, che i meno avvezzi credono essere permeata da un eccessivo formalismo, il nostro ordinamento si adoperi per trovare delle soluzioni giuridiche che puntino a dare risalto alla sostanza più che alla mera forma delle parole scritte.

Vuoi saperne di più? Non esitare a contattarci!

(Si vedano Cass. Civ. nn. 12235/2007, 15025/2013, 3742/2013 e 6636/2006, nonché artt. 1175, 1375, 1366, 1418 comma 2 e1467c.c.).


 
 
 

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