AFFIDO ANIMALI DA COMPAGNIA E CRISI DI COPPIA. A chi spetta la custodia ed il mantenimento degli animali domestici in caso di separazione personale dei coniugi?
- Avv. Marco Dantone
- 21 feb
- Tempo di lettura: 3 min

Una delle sfide più interessanti che dottrina e giurisprudenza si sono ritrovate ad affrontare negli ultimi anni è quella relativa alla corretta collocazione dei cc.dd. animali da affezione nel nostro ordinamento e della conseguente disciplina applicabile.
Infatti, da sempre la legge italiana assimila gli animali ai “beni” di cui all'art. 810 c.c.. Secondo tale norma, sono beni le cose che possono formare oggetto di diritto.
Ed effettivamente per il nostro ordinamento è così. Basti pensare che gli animali possono essere oggetto di compravendita, con tutto quello che comporta l'applicazione della relativa disciplina.
Si pensi, per esempio, che si applicano alla vendita degli animali le disposizioni relative ai vizi della cosa venduta o, ancora, che trovano spazio anche tutte le norme discendenti dal Codice del Consumo.
Tuttavia, è sempre stato evidente come gli animali non potessero essere considerati completamente al pari degli altri beni.
Non a caso, sin dal lontano 1991, “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali da affezione” (art. 1 L. n. 281/1991, “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”) e, in tempi più recenti, ha ratificato, con L. n. 201/2010, la Convenzione Europea sulla protezione degli animali da compagnia.
Infatti, negli ultimi decenni, ha sempre più preso piede l'idea che gli animali fossero qualcosa di più che semplici beni: degli “esseri senzienti”, come riporta anche il Trattato di Lisbona del 2007.
Ed in un cotesto dove gli animali da affezione prendono sempre spazio nelle nostre case e dove cresce il numero di coppie che considerano i nostri piccoli amici pelosi come parte della famiglia, non potevano che sorgere dei problemi nel momento della separazione dei coniugi.
Ancora oggi si assiste ad un notevole fermento in giurisprudenza sull'argomento, che vede contrapporsi l'orientamento dominante della Corte di Cassazione a molti Tribunali di merito “coraggiosi”.
Infatti, mentre la Suprema Corte, pur ribadendo le peculiari caratteristiche del bene-animale, continua a sostenere che gli animali da affezione non possano essere titolari di diritti, molti Giudici, in occasione dell'omologa delle condizioni di separazione personale dei coniugi, si stanno spingendo verso soluzioni più ardite.
In alcuni casi, per esempio, è stato affidato l'animale ad un coniuge con il diritto di visita dell'altro, in altri casi è stato riconosciuto l'affidamento dell'animale al 50% tra le parti. Tutto questo ricalcando quello che è il regime di affidamento e mantenimento dei minori in una separazione.
Uno dei decreti che ha suscitato più scalpore è stato quello emesso dal Tribunale ordinario di Sciacca, sez. Unica, del 19 febbraio 2019.
Infatti, il Giudice, in assenza di raggiungimento di un accordo tra le parti, constatato che “il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela, anche in relazione al benessere dell'animale stesso”, assegnava il gatto al resistente “che dalla sommaria istruttoria [appariva] assicurare il miglior sviluppo possibile dell'identità dell'animale” ed il cane “ad entrambe le parti, a settimane alterne, con spese veterinarie e straordinarie al 50%”.
Si tratta, evidentemente, di una decisione che va oltre quelle che potrebbero essere le statuizioni su un mero bene, tanto da tenere in considerazione lo “sviluppo” degli animali e, in definitiva, ciò che è meglio per loro.
Naturalmente, è bene specificare che, nonostante tutto, siamo lontani da una vera e propria attribuzione di soggettività.
Di fatto, si tratta di provvedimenti che vengono più che altro interpretati sulla base di altri fattori, come, per esempio, il sentimento che le persone stesse provano per questi “esseri senzienti” o come il patimento fisico-psichico che questi ultimi potrebbero patire a causa dell'allontanamento dai loro padroni.
Tuttavia, è indubbio che sia stato intrapreso un percorso atto a superare i vecchi schemi previsti dal codice civile.
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(Si vedano anche Cass. Civ. n. 22728/2018, Trib. Como 3 febbraio 2016, Trib. di Cremona 11 giugno 2008 e Trib. di Milano 3 febbraio 2011).
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